Storia di una lettrice - Parte I

L’esempio in genere è una forza potente che riesce laddove altri sistemi, che si ritengono forse più efficaci, non arrivano a produrre risultati. Non so se sia la via migliore per avvicinare i bambini alla lettura ma, nel mio caso, è andata così.

Sono cresciuta in una famiglia nella quale leggevano tutti di conseguenza, se non altro per emulazione, fin da piccolissima anch'io ero sempre con un libro in mano.

Mia madre era una divoratrice seriale di romanzi ai quali amava dedicare il suo tempo libero, mio padre passava ore con il viso immerso tra le grandi pagine del suo quotidiano preferito, le mie sorelle maggiori studiavano, scrivevano, disegnavano e leggevano. Io, che non andavo ancora a scuola e non sapevo leggere, cercavo semplicemente di fare come loro. La materia prima non mancava: libri, giornali, riviste erano abbondanti e a disposizione di tutti. Non vigevano divieti. Probabilmente i miei genitori ritenevano, a ragione nel mio caso, che non mi sarei avvicinata a cose non adatte a me, non riuscendo a comprenderle e quindi ritenendole poco interessanti.

Mi venivano spesso regalati libri illustrati e giornalini. Mi hanno raccontato che ero capace di trascorrere ore con un librino in mano, semplicemente guardando le figure.

I miei genitori frequentavano le librerie e mi portavano con loro. Mentre sceglievano qualche cosa da acquistare, anch'io avevo il permesso di scegliere un libro per me. A volte mi consigliavano, ma ero libera di prendere quello che volevo (generalmente si trattava di un fascicolo della collana delle fiabe sonore).



Inoltre li accompagnavo spesso in edicola (adoravo l’edicola!) e anche da lì uscivo, almeno una volta alla settimana, con un bel giornalino.

Per ascoltare le fiabe sonore avevo un mangiadischi giallo.

Trascorrevo interi pomeriggi a sentire quelle storie, seguendo diligentemente la narrazione sugli albi illustrati che accompagnavano i dischi. Per rendermi maggiormente indipendente (e quindi meno esigente nelle mie richieste di attenzione) una delle mie sorelle aveva fatto dei disegnini sull’etichetta circolare di ogni disco in modo che potessi capire da sola da che parte cominciava la storia (il lato A era quello dove si trovava il disegno) e quale fosse la vicenda narrata (un gatto con gli stivali, una principessa addormentata su un letto, un’altra principessa distesa su una montagna di materassi sotto al quale si trovava un pisello, una scarpina elegante, dei simpatici nanetti…). Questa era una cosa necessaria perché, come tutti i bambini, non riuscivo a tenere le cose in ordine: i miei dischi finivano ammassati da una parte e gli albi illustrati da un’altra e dovevo spesso rimetterli insieme. I disegnini sopra i dischi erano, quindi, un aiuto fondamentale.

La sera non amavo andare a letto, ma mi piaceva il fatto che prima di dormire la mamma prendesse un grosso libro che stava sul mio comodino e mi leggesse una breve storia o una filastrocca. Ce n'era una diversa per ogni giorno dell'anno. La lettura della buonanotte per me era però sempre troppo breve. Ma la mamma non transigeva e io, non sapendo leggere, una volta terminata la storia o la filastrocca, dovevo rassegnarmi a spegnere la luce, chiudere gli occhi e mettermi a dormire.

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